La formazione della Pianura Padana

La Pianura Padana

L’assetto geomorfologico della pianura padana è strettamente connesso al modello genetico della sua formazione.
La Pianura Padana costituisce l’avanfossa tra i fronti dei rilievi appenninico e alpino, rispettivamente a sud e a nord e presenta una struttura a monoclinale immergente a sud. Il sistema alpino, che ha iniziato a formarsi centinaia di milioni di anni fa, ed il sistema appenninico, che ha iniziato a formarsi fra i 30 ed i 16 Ma fa, hanno fortemente contribuito al confinamento del bacino padano.
In pianura le caratteristiche morfologiche principali sono strettamente legate all’evoluzione del sistema idrografico, che viene a sua volta condizionato dai caratteri climatici e dalle strutture geologiche del sottosuolo.
In particolare, per quanto riguarda la Pianura Padana, la genesi non è stata un fenomeno regolare in quanto nel tempo si sono alternati numerosi cicli di sommersione ed emersione provocati dalle fluttuazioni eustatiche del livello marino, connesse alle variazioni climatiche. Ad ogni glaciazione, infatti, il livello del mare si abbassava (regressione) ed emergevano vaste pianure costiere destinate a venire nuovamente sommerse durante le fasi interglaciali, quando il livello del mare tornava ad alzarsi (trasgressione) e le grandi quantità di sedimenti trasportati dai fiumi colmavano le fasce marine litoranee, determinando un progressivo avanzamento della linea di costa (Ferrari, 1996). L’evoluzione della rete idrografica padana è ovviamente collegata alle suddette variazioni climatiche in quanto dal clima dipendono i processi geomorfologici di erosione, trasporto e sedimentazione dei fiumi.
Durante l’ultima glaciazione, detta wurmiana (Pleistocene), sono state cancellate tutte le tracce morfologiche preesistenti, rimodellando completamente la superficie della pianura e conferendogli la forma attuale (Ferrari, 1996). L’ultimo periodo postglaciale ha dunque sancito la nascita della configurazione attuale della Pianura Padana (Figura 4). Ciò è avvenuto grazie ai corsi d’acqua che, originati dallo scioglimento dei ghiacciai, scendevano verso valle con forte capacità erosiva e sedimentavano imponenti quantità di materiali.

Figura 4: L’Italia durante l’ultima grande glaciazione 80.000-20.000 anni fa (Leonardi, 1968)

Non si può, però, parlare di alcun settore di quest’area deltizia padana, senza tenere conto della formazione del bacino peristrutturale padano; infatti, le strutture tettoniche sepolte (Falda Ferrarese) hanno fortemente condizionato la dinamica fluviale quaternaria influenzandone gli ambienti deposizionali con conseguente ripercussione sulla distribuzione dei corpi sedimentari e dei corpi acquiferi (Amorosi et al. 2002).
La maggior parte dei corpi idrici, risiede infatti nei depositi marini e continentali che costituiscono il riempimento dell’avanfossa padana, legata all’origine dell’Appennino settentrionale e delle Alpi (Bondesan et al., 1995).
Altre variazioni climatiche seppur ridotte, sono avvenute anche dopo la fine dell’ultima grande glaciazione: nell’Olocene, infatti, il più importante movimento del livello marino è rappresentato dall’optimum climatico antico (3500 a.C.) che ha portato la costa su una linea passante per le attuali località di Adria, Massa Fiscaglia e Alfonsine. I fiumi durante questo periodo si sono comunque mantenuti in condizioni di prevalente sedimentazione.
Il minore apporto volumetrico relativo dei sedimenti fini e la loro maggiore compressibilità, ha causato nel tempo la condizione altimetrica che vede gli alvei a quote più elevate, mentre nelle maglie fluviali, s’individuano aree a forma di catino. In occasione di grandi rotte, i tracciati fluviali spesso vengono abbandonati e se ne formano di nuovi nelle aree depresse, che a loro volta vengono colmate.
E’ appunto con la sovrapposizione di questi fenomeni che si è prodotta la crescita verticale della Pianura Padana. Al margine di questi fenomeni, intervengono le azioni del mare e del vento, che con la ridistribuzione dei materiali fluviali, determinano la formazione di spiagge e cordoni litoranei (Amorosi et al., 2004).
Questi effetti di aggradazione (crescita verticale) e progradazione (crescita orizzontale) sono molto influenzati dalla subsidenza, fenomeno causato da vari processi sia naturali come la compattazione naturale dei sedimenti, ma anche, soprattutto in epoche più recenti, di origine antropica. In particolare, tale fenomeno di abbassamento del suolo è imputabile, tra l’altro, all’irrigidimento del reticolo idrografico (che ha privato questi territori del naturale apporto di sedimenti fluviali), alla regimazione della falda freatica a scopi di bonifica e all’emungimento eccessivo di acque e idrocarburi nel sottosuolo (Teatini et al., 2006). Questo è riscontrabile soprattutto nella parte di pianura più vicina al mare, dove si inserisce contestualmente il Delta del Po. Qui, mentre in generale la subsidenza naturale si attesta fino a massimi di 1,5 mm/anno, l’abbassamento dovuto alle attività antropiche, in particolare all’estrazione metanifera avvenuta tra il 1938 ed il 1963, si attesta intorno a 200 mm/anno.
A causa della subsidenza, quasi l’intero territorio costiero padano risulta a quote prossime o inferiori al livello medio marino (Figura 5) e questa condizione ha portato ad un rischio idraulico tenuto sotto controllo attraverso arginature artificiali e sollevamento forzato delle acque.


Figura 5: Situazione altimetrica del territorio nel 1990: a. aree a quota compresa fra 12 e 10 m s.l.m.; b. aree fra 10 e 8 m; c. aree fra 8 e 6 m; d. aree fra 6 e 4 m; e. aree fra 4 e 2 m; f. aree fra 2 e 0 m; g. aree fra 0 e -2 m; h. aree fra -2 e -4; i. mare e lagune; l. acque interne, a livello variabile. (Bondesan, 1990)

L’attuale morfologia superficiale della pianura rivela con estrema chiarezza la storia idraulica più recente mentre, solo scendendo in profondità, si possono riconoscere strutture morfologiche risalenti ad età diverse dalle nostre, che un tempo affioravano, e che poi sono state riabbassate dalla subsidenza e ricoperte da spesse coltri di sedimenti legati al cambiamento delle caratteristiche degli ambienti de posizionali (Bondesan e Giovannini,1994).
La fascia costiera della Pianura Padana è sempre stata caratterizzata da numerosi specchi d’acqua salmastra conosciuti comunemente con il nome di “valli”. Questi ambienti sono in genere da attribuire a tre meccanismi di formazione: interclusione di aree marine o fra penisole deltizie o tra diversi cordoni litorali, esempi attuali sono le cosiddette “sacche” di Goro e di Scardovari; allagamento da parte di acque rimontanti dal mare, di territori precedentemente emersi o palustri, che la subsidenza aveva portato a quote inferiori al livello marino, un esempio recente solo le “Valli di Comacchio”; infine anche l’uomo ha favorito la trasformazione di paludi in bacini di acque salmastre, per utilizzarli come valli da pesca (Figura 6).

 Figura 6: Carta geomorfologica generale (Bondesan, 1990)

Estratto dalla tesi di laura geol. Stefano Paganin