Idrovora Chiavichetta | Due Consorzi, Due Archivi – Storia del Territorio

Idrovora  Chiavichetta


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NOME: Idrovora Chiavichetta

LOCALITÀ: Porto Viro (Ro)

CONSORZIO ORIGINARIO DI APPARTENENZA: Consorzio per la Bonifica Polesana (1890-1970)

DATA COSTRUZIONE: 1915-1921

PROGETTISTA: ing. Carlo Marchi

NOTE STORICHE:

Il progetto per il completamento della bonifica artificiale del Consorzio Acque Dolci di Contarina a destra del Collettore Padano Polesano fu redatto dall’ing. Carlo Marchi il 22.03.1911 e riformato il 05.06.1912: in esso si prevedeva la costruzione di due impianti di primo salto a Ponte Chiavichetta e a Ca’ Giustinian.

Inizialmente per Chiavichetta non era prevista la costruzione della consueta casa per il macchinista, il quale avrebbe dovuto trovare alloggio presso le abitazioni di Ca’ Giustinian. Tuttavia con la perizia di variante 12.04.1915 l’idea fu abbandonata a favore di un piccolo fabbricato.

Posta allo sbocco dell’omonimo scolo, l’idrovora Chiavichetta fu costruita dall’impresa Angelo Ricci.

I lavori presero avvio il 1 luglio 1915 e già il 5 si procedeva all’escavo delle fondazioni della casa del macchinista.

Ad ottobre 1916 la conclusione delle opere murarie era vicina, ma i lavori furono bloccati dalla mancata consegna del macchinario da parte della ditta Tosi (cui era stato commissionato il 29.06.1915), motivata dallo stato di guerra. I lavori di Ricci furono liquidati nel giugno 1918, tuttavia, solo dopo l’arrivo della macchina fu possibile effettuare le opere complementari previste dalla perizia addizionale 24.05.1920. In quel periodo si stavano montando presso l’idrovora un motore diesel della potenza di 75 HP e due pompe centrifughe, il cui collaudo avvenne nel 1921.

Come a Ca’ Giustinian, anche qui il complesso fu dotato del caratteristico pozzo cisterna alla veneziana costruito intorno al 1922 per la raccolta dell’acqua piovana.

Negli anni Trenta le pompe furono collegate ad un motore elettrico di potenza superiore, ma per una di esse fu mantenuta la possibilità di essere azionata anche dall’originario motore Tosi, con funzione di riserva termica, in quella occasione anche la parte murarie dell’edificio subì delle modifiche con l’aggiunta di officina e cabina elettrica.

Nel 1945, per evitare i danni prodotti dall’allagamento del comprensorio imposto dal Comando germanico, attorno all’impianto fu costruito un arginello protetto da frangionde in canna palustre e rami di salice, in questo modo impianto e casa del custode furono salvate; il manufatto in questione fu demolito con la fine della guerra.

Nuovi lavori furono effettuati dopo l’alluvione del 1951 e ancora negli anni Sessanta quando, per contrastare l’abbassamento del suolo (calcolato in oltre due metri) si effettuò l’interclusione del bacino di scarico pensando di sollevare le acque nel Sadocca attraverso tubazioni a cavaliere dell’argine.

Dopo un periodo di abbandono, il manufatto restaurato (2008) è stato inserito in un progetto per la valorizzazione dell’archeologia industriale. Ha perso però la sua funzione originaria e le attuali pompe sono esterne al fabbricato antico.

 

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Foto Alberto Bonatti